Maribor 2018 Campionato Europeo WAKO Light Contact. Che bello!

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di Michele Surian


A casa. Silenzio; solo lo scoppiettio della legna nel fuoco del caminetto, luci soffuse nel salotto, un buon brandy. Ripenso ai giorni passati a Maribor. Giorni di rumore, di eccessi, vita al massimo, emozioni violente, lacrime e sorrisi, tensione, urla di gioia e di dolore e di rabbia, e poi azioni, azioni, azioni… Vita. Quanta vita…

Sembra tutto così lontano, in questo silenzio, in questa tranquillità. Come uno di quei sogni che, appena sveglio, non riesci ad abbandonare e credi siano reali. Ma reale lo è stato.

Ricordo la prima riunione con la squadra, la squadra di light, con giovani e meno giovani, esordienti e campioni affermati, e campioni in cerca di affermazione. Le prime parole di un briefing sono le più difficili, sai che andranno dritte all’anima di chi vuole il meglio da sé. Citai Kipling: “La forza del lupo è il branco e la forza del branco è il lupo”. Volevamo, io e Manuel, una squadra in cui il successo di uno fosse il successo di tutti, e in cui tutti sentissero la forza del gruppo. Poi citai uno dei miei film preferiti: “Ogni maledetta domenica si vince o si perde, tutto sta a vedere se si è vinto o perso da uomini (o donne)”. Volevamo una squadra in cui ognuno desse il massimo, ma si sentisse anche libero da vittoria e sconfitta, volevamo che il massimo impegno fosse tutto ciò a cui si aspirasse. Se gli dei della Kickboxing ci avessero sorriso, e se il momento fosse stato quello giusto, i risultati sarebbero arrivati. 17 atleti, 13 medaglie, 3 ori, 5 argenti e 5 bronzi. Gli dei ci hanno sorriso, anche se con qualcuno si sono distratti.

Poi, ognuno degli atleti prese un foglio e scrisse, per conto suo, cosa voleva da sé stesso, cosa voleva dal suo Europeo, qual era la sua dichiarazione di intenti, il suo impegno per questa gara.

In un silenzio irreale, uno alla volta lessero ciò che avevano scritto. Tutti hanno mantenuto la parola.

Dividere la stanza con Manuel per una settimana è una cosa che adoro: è così diverso da me che lo guardo per tutto il tempo con curiosità e divertimento. Però i valori, quelli si, li condividiamo, quelli ci accomunano, ci rendono fratelli. Ridiamo come ragazzini, passiamo dalle cose più serie alle stupidaggini senza interruzione, perché ridere, nella vita, è fra le cose più importanti e preziose. Però lo ammiro tanto: è intelligente e coraggioso, professionale, puntuale, passionale, ha un cuore grande. Conosce il light come pochissimi al mondo. E scrive da dio. Ma avete visto quanto bene scrive? E non solo in italiano, anche in inglese! Ragazzi, imparate a scrivere come lui, perché saper scrivere bene vuol dire saper ragionare bene, vuol dire saper ordinare i pensieri, dare le giuste priorità, saper fermare il tempo, saper dare ciò che è giusto a chi lo merita, sapersi consegnare almeno un poco alla storia.

Che belli gli esordienti, che tenerezza vederli provare a fare i duri, e riuscirci pure! Romina Jurcuta e Germana Bonanno che nulla potevano contro avversarie troppo più esperte di loro, eppure non hanno mollato neppure per un istante. Nicolas Chiappa e Francesco Belia con avversari grandi una volta e mezza loro, li a fare a botte, cercando disperatamente di chiudere una distanza lunga da far paura, prendendo colpi con una qualità che ha un solo nome: coraggio, cioè fare ciò che va fatto nonostante i costi e la paura.

Gabriele Oliva, che porta a casa un bronzo in una categoria di atleti enormi, magari se scende sotto i 94 kg troverà gente della sua stazza, ma se solo migliorerà per un po’ di tempo come l’ho visto migliorare in pochi mesi diventerà un vero campione.

Mattia Amatuzio - che esordiente lo era solo in questa squadra seniores, perché già campione del mondo juniores – costringe il mostro Elijah Everill al fiatone e a un continuo sgambettare nel quadrato per evitare lo scontro. Ma l’inglese sta alla Kick come Michael Phelps sta al nuoto, non ce n’è per nessuno. E l’argento del Cagnaccio (Mattia) sarebbe stato un oro in qualsiasi altra categoria, e lui lo sa, tranquillo e sereno nella vittoria quanto in una sconfitta che sconfitta non è.

Che belli i Master, che uomini da ammirare, che atleti seri e professionali! Marco De Franco e Luca Martorelli si devono accontentare (!) dell’argento, Marco perché va in palla il primo round della finale e Luca perché in finale non accende l’intensità che lo caratterizza nelle sue migliori prestazioni ma anche perché gli arbitri danno una mano al suo avversario e mai a lui. Però nei match precedenti fanno vedere un light che nulla ha di meno di quello delle più belle finali dei senior. Marco ha gli occhi buoni sempre e poi mette su una faccia da assassino per combattere, si allena come un matto ed è il miglior compagno che si possa desiderare. Luca è il più puntiglioso dei professionisti: laureato in Scienze Motorie, autore di libri importanti, in due anni è migliorato in modo incredibile. Se solo progredirà ancora un poco diventerà un fuoriclasse (non ti stancare, Luca, non mollare).

Enzo Isopo centra il suo obiettivo, l’oro, e io, anche se non glie lo dico subito, sono felicissimo per lui. E’ un uomo splendido, ottimo professionista, padre meraviglioso in una famiglia da sogno. Ma c’è qualcosa di lui che non capisco, e questo mi turba un po’. Però, quando io non capisco qualcosa, mi fermo, aspetto e, soprattutto, rispetto.
Un giorno saremo ottimi amici.

Che belle le nostre campionesse, perché questo sono Luna Mendy, Roberta Cargno e Giulia Compagno! Campionesse, anche se non vincono sempre tutto. Josefa Idem, che ha vinto alle Olimpiadi di tutto e di più, una volta la sentii dire “Noi atleti dobbiamo riappropriarci del diritto di perdere”, come a dire che è impossibile vincere sempre, è sbagliato volerlo. “Win or learn”, vinci o impara, si intitola il libro dell’allenatore di Conor Mc Gregor. Io adoro Luna e Giulia, le adoro come persone. Nel mio ruolo di coach, mi sento in dovere di dire loro che, come atlete, devono imparare ad essere… più atlete. Fisicamente, intendo. Alimentazione, allenamento, alimentazione, allenamento, alimentazione, allenamento. Tutto l’anno (tutto l’anno!). Così diventeranno atlete migliori, imbattibili, e soprattutto persone più forti e più centrate. Però…. due argenti! Mica male eh…

Roberta ancora una volta sul podio, ma non sul gradino più alto, quello che da anni sembra decisamente essere alla sua portata. Roby, ti conosco da quando eri alta mezzo metro e giravi per la palestra che sembravi Bubu, il compagno dell’orso Joghi. Sai che per te voglio solo il meglio dalla vita. È ora di prenderselo, è ora di cambiare. Diventa la donna che puoi diventare, impara a volere per te il meglio, comincia a volerti il bene che tutto il mondo già ti vuole, perché sei meravigliosa.

Che belli i nostri campioni! Nietzsche diceva che l’uomo è una corda tesa fra la bestia e il superuomo. Poche volte ho visto corde più tese come quella dell’incontro di Ivan Sciolla. Eroico è la parola giusta per lui. Aveva dichiarato di voler chiudere la carriera con un podio, in questa gara. Gli arbitri non l’hanno permesso. Poteva fare di più? No.
Spero sia in pace con sé stesso, perché se lo merita: chi l’ha visto nel suo match di chiusura terrà nella memoria un grande campione, un atleta e un uomo che sa vivere e combattere donando tutto sé stesso. Cosa volere di più?

Anche Manuel Bonafini era una corda tesa, ma troppo, quasi al limite dello spezzarsi. Non è andata. Una situazione personale che ha cercato di nascondere a noi e a sé stesso gli ha impedito di esprimere nel quadrato il suo nuovo repertorio e la sua ottima forma. La sua delusione e il suo dolore testimoniano la sua motivazione.
È persona stupenda, diventerà anche un campione stupendo. Diamo tempo al tempo.

Che match la semifinale di Luca Padoan! Stesso avversario della finale dell’ultimo mondiale, ma stavolta un’altra storia. Un anno fa il polacco era salito in cattedra, quest’anno Luca era un altro atleta. C’è voluto un errore, una stupida distrazione a tre secondi dalla fine, perché la rivincita non fosse coronata anche dal risultato. Il bronzo di quest’anno vale più dell’argento dell’anno scorso. Certo, se mettesse in pratica nella sua preparazione quello che gli dico a inizio stagione invece che tre settimane prima della gara…
A livello di vertice piccole differenze fanno la differenza. Ma Luca arriverà, si siederà sul trono e li starà fino a quando deciderà di restare.

Chi sul trono si è già insediato e non ha nessuna intenzione di abdicare è Timothy Bos. Una finale, la sua, elettrizzante, con una rimonta finale che ci riempie di gioia e ammirazione. Cresciuto nelle arti marziali, figlio d’arte, è un privilegiato e lo sa. Ma di questo privilegio non ne fa un vantaggio, ne fa una responsabilità. Dopo il collegiale, il suo preparatore fisico mi ha contattato per mettere a punto alcune cose e mi raccontava che non riesce a farlo riposare il giusto perché vuole sempre fare qualcosa di più, dalla seduta di pugilato alla partita di basket, dall’allenamento di pesi all’ora di corsa. È giovane e dotato, se lo può permettere. È anche serio e professionale ai massimi livelli: a cena, il giorno prima della finale, gli ho chiesto di mostrarmi due fogli con cui armeggiava. Erano pieni di appunti sul suo avversario, le caratteristiche e le varie opzioni per contrastarlo e sovrastarlo. Mangia perfettamente, si scalda e concentra a lungo e minuziosamente prima di ogni match, ha una preparazione fisica impeccabile, la sua attrezzatura sempre in ordine, ascolta ogni indicazione e suggerimento con la massima attenzione, sia in gara che fuori. Ma la cosa più impressionante è il suo repertorio tecnico e la capacità di improvvisare: un artista, un vero artista. Paradossalmente, la sua serietà e il suo impegno sono il suo limite: quando si concentra troppo su una cosa non si esprime più come può. Quando invece trova il giusto equilibrio tra la tensione necessaria e la libertà della mente creativa, allora vengono fuori dei numeri incredibili, e se mi chiedessero di pagare il biglietto per stare al suo angolo e godermi lo spettacolo, lo farei volentieri.

Simone Barbiere è il sogno di ogni genitore che, come me, ha una figlia: il ragazzo con cui vorresti imparentarti e a cui lasceresti volentieri l’eredità. Perché è un bravo ragazzo che più bravo non si può, sempre sorridente, educato e puntuale, disponibile e affidabile, serio professionista e grande lavoratore, intelligente e spiritoso, rilassato e gradevole.
Che altro dire? Ah si, è campione europeo (!). E che Campione! Dopo aver lottato anni per la vetta di una categoria chiusa da un vero mostro, adesso non ce n’è più per nessuno: il suo strapotere in questo campionato europeo è stato tale da segnare veramente una distanza incolmabile tra lui e gli altri. La -79 è ormai indiscutibilmente roba sua, e se la merita tutta. Tra un anno il titolo mondiale.

Che belle le altre squadre! I ragazzi del full, seri e silenziosi, e quelli del Point, allegri e chiassosi. Proprio il Point ci ha regalato un gran finale di Europeo con la vittoria della gara a squadre sull’Ungheria (era ora!) e premi a Davide Colla, che fa rima con stella, e al Coach Lucchese. Andrea e Adriano Passaro, sono due menti superiori, due conoscitori del Point che al mondo altri non ce n’è. Ma soprattutto sono due persone splendide, equilibrate e sane, ispirate da veri valori importanti. È bello che i nostri giovani possano crescere con due esempi così.

Grande anche il Maestro Paolo Liberati del Full, un coach la cui esperienza, conoscenza e competenza sono seconde solo alla saggezza e alle capacità amatorie.
Scherzi a parte, è persona di estrema godibilità: spiritoso, di un’intelligenza acuta, un’enciclopedia vivente del contatto pieno.

Che belli anche i nostri dirigenti! Il presidente Donato Milano e i vicepresidenti e dirigenti di settore Massimo Casula e Riccardo Bergamini sono stati sempre presenti alle gare, quando non erano impegnati in riunioni politiche dei vertici WAKO. Sempre sorridenti, allegri, mai negativi, sempre pronti a incoraggiare, complimentarsi, gioire e celebrare.
È bello sentirli parte della squadra. A loro sono grato, molto, per avermi messo nella posizione di fare ciò che più voglio fare in questa Federazione: il coach della nazionale.

E belli anche gli arbitri, i nostri (Manuel, Marco e Oriano), perché gli altri un po’ mi hanno fatto incazzare, come sempre del resto….

E infine che belli i tecnici di società, anche se non erano li con noi; però c’erano eccome, perché ci hanno preparato i loro atleti, li hanno messi in condizione di fare quello che hanno fatto. Non è cosa da poco, perché io non dimentico che noi coach siamo solo dei catalizzatori, elementi capaci di favorire una reazione. Le materie prime ce le devono fornire.
Il nostro compito è creare le condizioni favorevoli perché ragazzi che provengono da realtà eterogenee e culture diverse riescano ad esprimere al meglio il loro potenziale. Lo facciamo con lo stesso impegno e la stessa passione con cui i ragazzi combattono.

Ecco. Il fuoco si sta spegnendo, il brandy è finito da un po’. Il silenzio è sempre qui, dolce e leggero. Il cuore è caldo di ricordi. Un sentimento su tutti: gratitudine.

(Nella foto i DTN del Light Manuel Nordio e Michele Surian con Simone Barbiere)

CUSL Spelpaus